martedì 23 aprile 2013

LA PENDOLA


No, non è la pendola di mia nonna, o al meno così credo. La pendola della nonna era grande, scura, e non funzionava. Non ha mai funzionato, nonostante gli sforzi delle generazioni che si sono susseguite. Ma poi, vi domanderete, cosa c'entra la pendola della nonna con l'Africa? C'entra, c'entra perché sebbene non sia quella di mia nonna, e lei non abbia mai pensato a null'altro che a farla funzionare, sforzo vano come ebbe a dire suo figlio, mio zio, il pensiero sullo sviluppo rurale e' come un pendolo che oscilla ora da un lato ora dall'altro ma che non funziona mai; come la pendola della nonna.

Si possono distinguere due tendenze opposte che s'accostano allo sviluppo. (1) Una  promuove lo sviluppo agricolo che privilegia una modernizzazione dell'agricoltura nel quadro dell'agro-industria capace di sfruttare al meglio i potenziali produttivi disponibili, che ha come effetto la concentrazione delle terre e, quindi, l'eliminazione delle piccole aziende familiari. L'altra tendenza, al contrario, sostiene una politica agraria basata sulla piccola azienda familiare unica capace di raggiungere gli obiettivi di lotta alla povertà non solamente perché capaci di adattarsi alle diverse condizioni produttive ma perché unico sistema capace di stimolare l'impiego agricolo e rurale, e finalmente permettere il miglioramento della vita nelle campagne.
Questo approccio, manicheo, come la pendola della nonna non prevede alternative, o l'uno o l'altro, o funziona o non funziona. Generalmente parlando, le ONG tendono verso l'agricoltura familiare, le Agenzie governative guardano all'impresa privata, dotata di capitali, come unica soluzione allo sviluppo rurale. 
La pendola della nonna, generalmente nella notte, rintoccava senza preavviso alcuno e chi dormiva nella vasta casa si svegliava di soprassalto. La pendola era un incubo, salvo per la nonna il cui volto ad ogni rintocco, casuale, lasciava trasparire un sorriso appena accennato. Lo stesso di chi si occupa di sviluppo rurale ben sapendo che di esso non esiste una definizione. Aspettiamo, come la nonna, il prossimo rintocco sperando che sia quello buono.



(1) Claude Freud, « Devèze, Jean-Claude (dir.). — Défis agricoles africains », Cahiers d'études africaines [En ligne], 202-203 | 2011, mis en ligne le 10 octobre 2011, consulté le 26 mars 2013. URL : http://etudesafricaines.revues.org/14287


sabato 20 aprile 2013

L'AFRICA TRA IMMAGINE E REALTÀ'


 


E’ con disagio che leggo quanto la nostra stampa riporta dell’Africa; un continente immaginato, anticamera dell’inferno. Un inferno animato da catastrofi bibliche e spauracchi ancestrali che, sia chiaro, esistono e condizionano la vita sociale ed economica dell’Africa ma, occorre dirlo, senza paralizzarla.

Sottolineare continuamente gli aspetti negativi, le epidemie, le catastrofi naturali e quelle, non meno dannose provocate dalla mancanza di democrazia, è utile solamente a suscitare sentimenti di sfiducia e la facile convinzione che l'Africa sia un continente perduto, incapace con le sue sole forze di uscire dalla povertà. Sono gli stessi argomenti che hanno dato giustificazione alle conquiste coloniali.

 Ed allora, non mi resta che concordare con Amselle nella sua cruda e lucida analisi. “Se le cose stanno così, è perché l’attenzione rivolta alla povertà e alla malattia è uno degli ingredienti essenziali del “charity business” il quale fa leva sulla reiterata mobilitazione e colpevolizzazione di ampie fasce della popolazione europea e nord americana”.

Al contrario, chi quotidianamente lavora con le diverse realtà africane, sa che esse sono sempre più impegnate in un profondo processo di riforme, spronate dalla consapevolezza, fatta propria dalla maggioranza dei governanti dei Paesi dell’area, che non si può uscire dal circolo vizioso della povertà senza favorire lo sviluppo di un vero e profondo processo democratico. E tuttavia, ancora, i media non si soffermano su esempi positivi ma mostrano ripetute sequenze di guerra, dolore e distruzione.

Ripeto, non voglio nascondere l'esistenza di guerra e dolore. L’Africa è ancora segnata da una forte instabilità ma tale instabilità non è dovuta a frizioni etniche ma al fatto che le società africane sono parte di una complessa rete di scambi economici che risentono, purtroppo ancora, dei secoli di colonizzazione il cui retaggio sembra far fatica a sparire.

Molti Paesi sono riusciti tuttavia a superare con le armi della diplomazia le divergenze. E ancora una volta il nostro sistema di comunicazione sembra non farci caso. Se alla guerra, alla povertà, alla malattia sono dedicate pagine e pagine di giornali e riviste, ore ed ore di trasmissioni televisive, alla pace s’accenna solamente, glissando, in trafiletti redazionali. Daniele Mezzana analizza sapientemente il problema della distorsione dell’immagine del continente nei vari media e canali di informazione e i tentativi con i quali i diversi attori sulla scena stanno cercando di modificare tale atteggiamento.

Occorre aumentare il nostro impegno perché la visione apocalittica lasci spazio alla realtà delle cose, contribuendo a ricollocare l’Africa sullo scenario internazionale. Se non riusciremo in tale compito, credo che tutti gli sforzi, anche finanziari, che la comunità internazionale ha fatto sino ad ora saranno destinati ad essere percepiti, nel migliore dei casi, dalla vasta maggioranza della popolazione del mondo come l’ennesima battaglia contro i mulini a vento. Nel peggiore come uno spreco. 

Più e più volte l’Italia ha ribadito l’importanza di modificare tale impostazione perniciosa. E non solo perché la vicinanza dell’Italia alle coste africane è ponte naturale tra i due continenti ma perché occorre creare fiducia nel sistema Africa. Spesso si accusa la cooperazione internazionale di sprecare risorse ma gli aiuti allo sviluppo non possono da soli riportare le società africane nel contesto mondiale, ammesso e non concesso che esse ne siano mai state allontanate. Ricreare la fiducia delle nostre società sulle società africane è un compito fondamentale. E’ solamente attraverso questo processo di comunicazione, che si potranno mobilitare gli investimenti privati, veri motori di una rinascita economica.

Occorre, dunque, che avanzi una cultura della comunicazione positiva impegnarsi in uno sforzo notevole per far conoscere, e far riconoscere, che gli impegni finanziari e politici per la costruzione di nuove relazioni con i diversi Paesi dell’area non sono costruzione di cattedrali nel deserto o finanziamento, più o meno occulto, a Governi corrotti o dispotici come troppo spesso traspare dalla stampa.

Il nostro dovere istituzionale è quello di contribuire ad irrobustire le istituzioni favorendo lo sviluppo di capacità endogene, di programmazione e gestione delle risorse e incoraggiandone l’uso per l’attuazione di politiche sociali volte al raggiungimento degli Obiettivi del Millennio. Ma questo non è ancora sufficiente, dobbiamo fornire mezzi e strumenti con i quali le diverse realtà africane possano comunicare con il mondo, contribuendo a riportare l’immagine dell’Africa alla realtà dei fatti.

Mi preme sottolineare, ancora una volta, che l’Africa non è, e non deve esser considerato, un continente omogeneo. Vi si incontrano situazioni tra le più diverse: Paesi che hanno con decisione e coraggio intrapreso il cammino della modernizzazione e delle riforme, Paesi che con più fatica si accingono ad intraprenderlo ed altri Paesi ancora che a causa della situazione di instabilità interna stentano a comprendere le ricadute che potrebbe avere l’avvio delle riforme democratiche sul tessuto economico e sociale del proprio Paese, sull'efficacia delle politiche di riduzione della povertà e sul conseguimento degli Obiettivi del Millennio.

La cooperazione italiana guarda, quindi, con sempre maggiore fiducia alle possibilità di sviluppo dell’Africa e ne riconosce le immense potenzialità. Per questa ragione ha confermato l' impegno per l’Africa.

Siamo impegnati in questo processo e, senza elencare le numerose iniziative avviate e completate, perché ne risulterebbe un noioso elenco di cifre e titoli che non hanno alcun interesse in questa sede, quello che vorrei sottolineare è l’importanza che nel nostro lavoro quotidiano attribuiamo ad una corretta comunicazione, capace, auspicabilmente, di raggiungere nella maniera più completa ed obiettiva sia le società africane che quelle dei Paesi donatori.

giovedì 18 aprile 2013

EDUCAZIONE ALLO SVILUPPO



La casella di posta dell'altro giorno era decisamente sconfortante, chi si lamentava dell'inefficienza di quel Ministero, chi di quell'altro, chi aveva a che ridire sul concetto di process, chi, invece, riteneva che il pillar dovesse essere il process. Chi, più confuso riteneva il process equivalente al pillar, chi, ancora considera prioritario identificare il benchmark, chi, al contrario, sostiene essere cosa inutile il benchmark senza un previo studio del baseline. Tutti concordavano sull'inefficacia e l'inefficienza: dell'uno o dell'altro. Infinite permutazioni dell'essere.
Ma tra un lamento e l'altro ecco apparire, nel linguaggio stentato di chi vorrebbe dominare il burocratese senza conoscerne la grammatica e la sintassi, una richiesta che non s'era mai vista: poteva questo Ufficio trovare un posto dove passare tre settimane svolgendo - a proprie spese -attività' di volontariato, non importa cosa, purché quella cosa indefinita fosse utile. Ma a chi, a cosa?
Confesso. La mano è corsa veloce al mouse puntando la freccia sulla X di elimina. E poi s'è fermata, perché cestinare un desiderio? Non è forse vero che noi, che abbiamo passato la nostra vita ad inseguire la chimera del successo della cooperazione, passiamo il tempo, quel poco rimasto tra un process ed un pillar, a lamentarci che è sparito quello spirito che ci ha mossi verso l'altro o forse, più realisticamente, la realizzazione dei sogni nati e maturati - e fortunatamente mai realizzati - sulle pagine di Salgari e Verne? Non abbiamo anche noi, tutti, iniziato inviando una lettera stentata e sgrammaticata? Ed ora che potremmo aiutare a conservare un sogno perché mai lo dovremmo cestinare?
Il cinico che è in noi, lo sguardo acuto di chi conosce, di chi sa, sorride. Lo stesso sorriso di Yanez. Come Yanez saremmo tentati di liquidare la faccenda accendendoci l'ennesima sigaretta. Come il Corsaro Nero saremmo tentati di affondare il vascello dell'odiato Van Guld sparando due palle incatenate. E invece, forse a malincuore, dobbiamo riconoscere che in noi esiste, resiste lo spirito di Kammamuri.



La foto e' bellissima. Tuttavia, se protetta da copyright,mi scuso con l'autore e se richiesto la elimino











mercoledì 17 aprile 2013

BENVENUTI


Questo potrebbe, forse, essere il blog della Cooperazione italiana in Mozambico. Vuole, vorrebbe, essere un luogo del Sistema Italia della Cooperazione e quindi aperto a quei mondi che, in una maniera o nell'altra, contribuiscono allo sviluppo del Paese.
Ritengo che tale impegno non debba esaurirsi nel "fare" ma, al contrario che questo debba basarsi su solide basi teoriche capaci di consolidare quanto sino ad ora fatto: da tutti, dalla Cooperazione Italiana, dalle ONG, dalle missioni, dai volontari, dalle Regioni, dalle Provincie, dalle molteplici forme in cui si è espressa la volontà della società italiana di contribuire allo sviluppo del Paese ed il cui elenco sarebbe troppo lungo; mi scuso con chi non vi si riconoscesse, è una mia dimenticanza. Un luogo dove confrontare idee, condividere esperienze che possano allargare il confronto e lo scambio tra diverse impostazioni, essendo fermamente convinto che le diversità uniscono e non dividono.
Ove fosse possibile vorrebbe anche accogliere le testimonianze di chi ha assistito alla nascita del rapporto di amicizia tra i due Paesi, di chi ne ha seguito gli inizi, tormentati e travagliati, dall'indipendenza ad ora. 
Un blog vive se viene nutrito, e non solo da chi lo gestisce. Questo ha la pretesa, esagerata forse, di creare un punto d'incontro tra queste diverse esperienze e, pertanto, per scelta non sarà moderato sin tanto che le normali regole del convivere lo consentiranno. 
Ogni opinione da me espressa è solamente mia e me ne assumo ogni responsabilità. 

Per rendere il blog più piacevole inserisco delle foto, qualora infrangessi, senza volerlo, le norme sul  copyright segnalatemelo provvederò a rimuovere l'immagine. Ringrazio sin da ora gli autori per la loro sensibilità e le loro capacità