domenica 6 ottobre 2013

CAPRA E CAVOLI



No, non ho alcuna intenzione di salvare ne la capra ne i cavoli. Al contrario li voglio mangiare, meglio ancora, farli mangiare. In un Paese dove il 43% della popolazione è mal nutrita, dove la maggior parte della gente si nutre di piatti a base di polente e foglie di cassava il cui valore nutrizionale e al tempo stesso antinutrizionale è materia di ampia discussione scientifica, ove l'apporto di proteine animali e' scarso il tentativo di salvare capra e cavoli mi pare faticoso e inutile. Meglio mangiarseli, tutt'e due.
Il problema, tuttavia, non è tanto sapere se uno stufato di capra e cavolo sia saporito ma di riuscire a modificare le abitudini alimentari della popolazione, di rendere la capra - e i suoi prodotti - accessibili a quelle popolazioni che non ne hanno la possibilità. 
Non che la capra in Mozambico sia sconosciuta, ben lo sanno i guidatori obbligati a improvvisi slalom tra capre e capretti. Ma sono capre dalle mammelle rinsecchite capaci a mala pena di allattare il minuscolo capretto, impossibile, quindi, utilizzarlo a meno che non si avvii un programma di miglioramento genetico, si educhino le donne (e gli uomini) alla mungitura. Ma ancor prima sarebbe necessario capire le ragioni culturali, sociali ed economiche che fanno della capra un animale poco utilizzato.